venerdì 30 gennaio 2015

Energia in movimento




Conversazione con Anna Illario, 
insegnante di Tai Chi



Come mai insegni Tai Chi?

Lo insegno per caso! Non mi sono sentita mai troppo portata per l’insegnamento, però ho un’amica entusiasta che voleva fare questo corso chiamando amici per farlo insieme… Ho iniziato con lei, scoprendo in primo luogo che la cosa aiutava molto me stessa, dandomi più sicurezza; e in secondo luogo che mi piaceva vedere la gente crescere, cambiare. Gli allievi mi danno un grosso stimolo a continuare, a migliorarmi.

È tanto tempo che lo pratichi? E come ci sei arrivata?

Grazie a un amico di mio fratello. Un giorno venne a trovarci e ci mostrò il Tai Chi. Io rimasi folgorata, e dissi: sì, ecco cosa voglio fare! Avevo provato lo yoga, l'aikido, ma quel giorno scoprii che il Tai Chi era la mia strada. È una disciplina lenta, tranquilla, che ho sentito subito essere adatta a me. Ho iniziato un corso e mi è piaciuto talmente tanto che lo faccio da 20 anni.

E in questi vent’anni hai capito in cosa consisteva quella folgorazione?

Sì. Mi aveva folgorato il fatto che fosse un’arte marziale, ma non necessariamente di combattimento. Questi movimenti lenti, continui, mi piacevano come se in qualche modo li avessi già visti, vissuti. Allora non sapevo nemmeno che il Tai Chi facesse parte del Kung Fu. Il Kung Fu per me erano i telefilm con David Carradine, che mi piacevano tantissimo, sia per la loro parte filosofica sia per come si muoveva lui.

Se è un’arte marziale, dov’è l’avversario?

È immaginario. Il Tai Chi è composto da una sequenza di movimenti, uno di attacco uno di difesa, alternati e collegati tra loro. Dopo che fai tutti e quattro i Lu (le quattro parti del Tai Chi dei 108 movimenti), dopo aver studiato Shaolin (che è la vera e propria parte marziale), puoi fare l’applicazione, che ha delle mosse molto simili a quelle che fai nel Tai Chi, anche se non proprio uguali.

È comunque una forma di meditazione?

Sì, una forma di meditazione in movimento.

Spesso si vedono persone fare Tai Chi all’aria aperta. Qual è la motivazione, al di là del fatto di avere più spazio a disposizione?

Si fa perché il Tai Chi è una pratica taoista. C’è questo collegamento tra la terra e il cielo che scopri mano a mano che lo fai, cominciando a sentire le energie che scorrono, per cui se lo fai all’aperto dopo un po’ di tempo le avverti più che non facendolo al chiuso. Il fatto di poter spaziare con lo sguardo in più ti aiuta perché nel Tai Chi lo sguardo deve essere sempre all’orizzonte, mai troppo in alto o troppo in basso, e al chiuso non viene così spontaneo. All’aperto invece guardare l’orizzonte ti viene più normale.

Ma è necessario conoscere il taoismo per fare Tai Chi?

Assolutamente no. Se è una cosa che ti interessa puoi approfondirla per conto tuo. Ma lo senti che è taoista, perché sia nella preparazione che nella pratica è tutta una ricerca dell’equilibrio tra la parte destra e la sinistra, tra la parte superiore e quella inferiore del corpo. Lo senti in te: parti che sei sbilanciato, e via via senti di avere un centro e di avere bisogno della coordinazione tra le varie parti per potere eseguire bene i movimenti.

Dunque perché fare Tai Chi?

La cosa bella del Tai Chi è che puoi farlo per tutta la vita. Più lo fai più il tuo corpo resta elastico, se hai problemi alla schiena facendolo migliorano… in Cina il Tai Chi è considerato una fisioterapia. Spesso si vedono immagini di persone anche anziane che lo fanno nei parchi. Ci sono le “cinque porte” che invecchiando rischiano di chiudersi, che sono i polsi, le caviglie, il collo, le spalle, e la vita. Il Tai Chi è proprio studiato per mantenere queste porte aperte, impedire che la loro chiusura provochi malanni, restare in salute. Oltretutto il mio maestro di Milano lo insegnava anche a persone bloccate dalla vita ingiù: è possibile farlo con la parte superiore del corpo e immaginando i movimenti della parte inferiore. La mente può influire anche sugli arti che non muovi.

È importante l’intenzione, anche quando non puoi compiere fisicamente il gesto.

Sì. Il mio maestro cinese non faceva ginnastica preparatoria, quella che invece noi facciamo sempre. Stava dritto, immobile, e la faceva pensandola: si immaginava farlo, poi partiva direttamente a fare lo Shaolin, le spade, i bastoni… e aveva 80 anni! Aveva quindi questa grande capacità di collegare mente e corpo, cosa che per ottenerla di solito ci vuole un po’ di tempo… ma che è possibile.

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