Conversazione con Giovanni Rossin, ricercatore spirituale.
Qual è il tuo
percorso di ricercatore spirituale?
Sin
da bambino ero affascinato dal mistero; prima di tutto dal mistero
che portavano le religioni, in particolare dal cristianesimo da cui
ero stato influenzato. Però c'era qualcosa che non mi soddisfaceva,
mi dava una sensazione come di qualcosa di perso, di incompleto. E
poi mi ha sempre affascinato il misterioso, l'avventura.
Questa
mia peculiarità è esplosa intorno ai vent'anni. La prima relazione
andata a male ha messo in discussione tutto quello che mi circondava,
e da lì ho cominciato a voler capire cos'è che determinava la mia
vita. Ho cominciato a leggere dei libri, in particolare sono grato a
Voglia di bene di Morgan Scott Peck, che mi ha dato la
possibilità di comprendere meglio l'interpretazione dei sogni di
Freud. E questo mi ha dato un po' più di disciplina per andare a
scoprire tutto il resto. Ho cominciato a interessarmi dell'aura, ad
esempio. Inizialmente c'è stato uno studio teorico, comprando libri,
cercandoli in biblioteca, come Le vite precedenti di Emanuela
Pompas, o Una sedia per l'anima di Gary Zukav. Però c'era
sempre qualcosa che mi bruciava dentro, nello stomaco, e mi spingeva
ad avventurarmi e a sperimentare. Lo sciamanesimo... Ecco, io diciamo
che sono effettivamente uno sciamano nel vero senso della parola: lo
sciamano è il curioso, colui che vuole scoprire, addentrarsi, a cui
non basta il mondo ordinario, e si rende conto che il mondo è molto
più complesso e variegato di quello che ci hanno trasmesso
attraverso l'educazione.
Diciamo che le
religioni sono state lo spunto per andare molto più in profondità?
Sì,
la religione mi faceva sentire incatenato: io sentivo una
reminiscenza, un ricordo che forse tutti noi abbiamo, e che mi
spingeva a ricercare, a scoprire, ad amare tutto quello che abbiamo
intorno. La prima cosa che ho affrontato un po' sperimentalmente è
stato l'incontro con i discepoli di Osho, la sua filosofia unita alla
filosofia di Frank Natale, che guardava proprio allo sciamanesimo.
Avevo partecipato a una caccia all'anima, ed è stata la prima
bellissima esperienza in questo campo. Già di mio avevo avuto alcune
esperienze di “uscire fuori dal corpo”, ma essendo da solo mi ero
anche un po' spaventato. In quell'occasione invece, attraverso i
tamburi sciamanici, in posizione completamente rilassata al terreno,
ho avuto la sensazione di essere sollevato da terra, e di avere la
testa rivolta dalla parte dei piedi. Era sì insolito, ma non mi sono
spaventato, per quanto fosse una situazione straordinaria, non
convenzionale. Questo mi ha spinto poi ad approfondire. Ho fatto il
corso di massaggi chiamato “La via della Luna”, in cui
l'insegnante, che aveva fatto esperienza con Osho, aveva unito la
tecnica di massaggio svedese, l'impastamento e il cranio-sacrale che
insegnavano anche a Pune. Il secondo livello era intitolato “La
danza delle mani”. Mi riconosco nell'espressione per cui il
massaggio è 10% tecnica e 90% amore, ovvero intuizione, entrare in
sintonia, relazionarsi con l'altra persona e riuscire a dargli un
aiuto, dialogare con la sua anima in modo che questa possa riprendere
spunto e forza da se stessa.
Mi
sembrava di aver trovato finalmente le risposte, come spesso capita a
chi intraprende il viaggio della conoscenza. All'inizio ti senti un
po' “dio” e vuoi catechizzare tutti, salvo poi rimanere
addolorato dalle reazioni altrui non sempre positive... All'inizio
c'è spesso uno sfasamento... fin quando prendi queste cose in un
modo molto più saggio, sai che stai facendo la tua strada, che stai
scoprendo delle cose, e che altri lo stanno facendo in un altro modo
– chi più chi meno velocemente – e questo non fa differenza,
perché tutti stiamo andando “lì”, comunque.
Ho
intrapreso varie tecniche prese da Osho, tra cui la Kundalini e la
meditazione dinamica (mi ci sono voluti dieci, quindici anni, per
capire come il Maestro aveva creato questa meditazione!). In questa
via iniziatica ho affrontato la trance-dance, l'interpretazione del
fantasma, la vista delle vite precedenti, i riti di passaggio. Questi
ultimi, ad esempio, sono ancora presenti nelle culture dei popoli
naturali: si attraversano delle fasi, e ogni fase fa sì che tu passi
a uno stadio di maturazione successivo. Dopo ho conosciuto altre
tecniche che derivano sempre dalla cultura indiana, dall'oriente: il
Rebirthing, quelle dell'istituto per il non-conosciuto di Baba Bedi,
la filosofia acquariana...
Non
sempre questa ricerca va come vorresti. A volte le persone che
approcci ti danno della conoscenza, ma non hanno l'intento puro,
sacro, quello di trasmetterla senza averne un vantaggio personale. E
creano con te una relazione di dipendenza, che secondo me è il più
grosso peccato che un essere umano possa compiere nei confronti di un
altro, perché gioca sulla richiesta di conoscenza di una persona, o
di tirarsi fuori dalle sue problematiche, dai suoi guai. Ed è anche
il rischio che ha chi vuole essere Maestro: in realtà il vero
Maestro, lo Sciamano, si esclude, è solo colui che trasmette
l'esperienza e fa sì che gli altri possano godere delle stesse cose.
Inoltre,
sono sempre stato affascinato dallo Yoga, dal Tantrismo, e dalla
ricerca di una radice comune. Sentivo che Sciamanesimo, Tantrismo,
Taoismo, Buddhismo in realtà arrivavano tutti da qualcosa di comune,
anche se io non riuscivo a identificarlo. Avevo la sensazione che
questa cosa fosse andata persa nella notte dei tempi.
E l'hai trovata
o sei ancora in ricerca?
Ad
oggi l'ho finalmente trovata. Dopo 22 anni...
E qual è?
La
vecchia cultura è contenuta nei popoli naturali, quelli che si sono
mantenuti più vicini alle tradizioni. In questi popoli c'è la
tradizione di una “venuta”, di una conoscenza arrivata forse da
un altro luogo dell'universo, da qualche dio, e questa conoscenza
trasmessaci è stata mantenuta nei riti. Perciò ci sono riti simili
in luoghi diversissimi del mondo. Ma spesso popoli naturali come gli
Apache o gli Aborigeni non trasmettono che una pseudoconoscenza agli
occidentali, proprio perché sanno che questi ultimi non hanno la
possibilità di comprenderla appieno o di utilizzarla al meglio.
Lo
scoprire che qui in Europa, nel nord Italia, in Francia e in Spagna
la cultura celtica si è in qualche modo mantenuta, perciò anche noi
abbiamo una cultura da cui attingere le nostre radici, questa è una
cosa che mi ha sorpreso: ed oggi mi sta dando moltissime chiavi di
lettura, per capire quale fosse questa cultura presente in tutto il
mondo: e sto parlando della cultura del megalitismo. I popoli
naturali l'hanno ancora nelle loro tradizioni, ne hanno il ricordo. E
questo ci da la chiave per capire antiche tecniche come lo Yoga, o
come possiamo essere “guaritori”, come funziona il nostro corpo.
In queste antiche tradizioni c'è già la conoscenza, e si sta
perdendo tempo a riscoprirle in modo “scientifico” quando forse
semplicemente mettendosi in sintonia la cosa sarebbe un po' più
veloce... e non c'è distinzione tra scienza e conoscenza esoterica,
ma in realtà stanno andando entrambe nella stessa direzione. Ad oggi
la fisica quantistica sta ribadendo queste cose, in effetti. E
possiamo facilmente vedere come sono molto correlate... Per lo
sciamanesimo, ed anche per il celtismo, il mondo come noi lo
conosciamo, il mondo della materia è fatto dal vuoto (lo shan, il
centro). Quello in cui viviamo è un mondo illusorio, “olografico”,
fatto di vibrazioni...
Se
noi andiamo alla sorgente, che è quella che rimane pura, scopriamo
questa radice comune. Ad esempio anche nel celtismo ci sono i chakra
che, a differenza della fisiologia induista sono cinque, e non sette.
Il primo e il secondo chakra sono uniti e considerati uno solo; allo
stesso modo il chakra della gola e del terzo occhio. Questa pare
fosse in origine la suddivisione dei chakra. Tra l'altro è curioso
sapere che c'è una lingua celtica, o pre-celtica, e una meditazione
dinamica celtica, la Kemò-Vad, il cui nome significa “essere vento
nel vento”, ovvero tornare nel vento divino, o ancora tornare nel
vuoto. Tutti si vuol essere uno, si vuol essere tutto, ma in realtà
questo tutto deriva da qualcosa che è niente! E questo da il la al
punto di domanda su cosa siamo realmente... In più la filosofia dei
popoli naturali non parte dal darsi le risposte, ma dal farsi le
domande giuste: invece di partire da “cosa sono io?” parte da
“dove vivo io? Cos'è ciò che ho intorno?”. È partendo da
questo che riesco a capire come sono fatto io, nel contesto in cui
sono. Quindi è già un modo diverso di approcciare le cose. Non ci
si approccia a dio, ma alla natura, al mistero... e si cerca di
carpirne qualche conoscenza.
Buona ricerca,
allora.